A cento anni dalla nascita, il regista Luca Manfredi omaggia Alberto Sordi con il film evento “Permette? Alberto Sordi”, in programma nelle sale italiane il 24, 25 e 26 febbraio.
La pellicola ricorda le origini della carriera di un giovane di belle speranze, espulso dall’Accademia di Recitazione dei Filodrammatici di Milano prima di divenire l’immenso artista che tutti conosciamo. Con impegno e tenacia diventa la voce di Oliver Hardy e inizia a farsi spazio nel mondo dello spettacolo e della radio.
Le difficoltà, le porte sbattute in faccia, i tanti ‘no’ a cui l’Albertone nazionale non ha mai capitolato, vengono esposti in modo inedito dal regista. Manfredi, avendolo conosciuto direttamente, riesce a raccontarne gli aspetti più intimi, con tutte le sue fragilità. L’amicizia con Fellini, il rapporto con la sua famiglia e la storia d’amore con Andreina Pagnani ci permettono di conoscere un lato di Sordi che non era mai stato raccontato finora.
Eccezionale la performance di Edoardo Pesce, l’attore è riuscito ad interpretare con grande spontaneità un mostro sacro del cinema italiano: «Ho interpretato Sordi in maniera istintiva, senza fare troppo lavoro di studio e ricerca. Il suo modo di essere, la gestualità, i tempi e quella sua “romanità nobile” sono le stesse che tutti noi romani viviamo nel quotidiano, fanno parte del nostro patrimonio genetico. Stando per un mese nel personaggio si è creata quasi una magia, mi sono affezionato al Sordi uomo, riuscendo a capire tanto di lui e del suo privato».
“Permette? Alberto Sordi” è il film che mancava, mai nessuno aveva riportato sugli schermi la vita dell’attore romano, un regalo per chi ha nostalgia di quegli anni e per i giovani che non hanno avuto la possibilità di conoscerlo: «L’obiettivo era quello di non far dimenticare Alberto Sordi – dice il regista Luca Manfredi – raccontando il suo estro e i suoi personaggi unici. Le nuove generazioni non conoscono il cinema di una volta, la memoria di personaggi di questo calibro va preservata. Spero che il film riesca ad avvicinare i giovani a quel modo naturale e spontaneo di fare cinema».