Una situazione di crisi tipica del contesto online è quella della cosiddetta Doppelgänger Brand Image (o DBI).
Il termine Doppelgänger deriva dal tedesco, doppel (doppio) e gänger (che va, che passa), e letteralmente vuol dire “bilocato”. In generale si utilizza il termine per indicare un alter-ego negativo di una persona o di un qualcosa.
Da qualche anno il termine viene utilizzato anche nel contesto del brand management. Infatti, in tale ambito, viene definita doppelgänger brand image (o DBI) la rappresentazione negativa di un marchio commerciale effettuata sotto forma di testo critico e/o immagini caricaturali.
Una prima definizione è stata data da CRAIG J. THOMPSON che ne parla come di una famiglia di immagini e storie denigratorie nei confronti di un brand che circolano nella cultura popolare a partire da un rete organizzata composta da consumatori, attivisti anti-brand e blogger.
Questa rappresentazione negativa del marchio viene infatti creata e diffusa dagli utenti sul web attraverso i social media e rappresenta una critica pubblica all’autenticità e alla genuinità del messaggio promozionale che sostiene un prodotto.
Il fenomeno acquista grande importanza poiché può avere effetti e ricadute negative sulla reputation online, soprattutto nel momento in cui la sua dimensione raggiunge e coinvolge gli opinion leader, i blogger e gli attivisti anti-brand che esercitano un elevato impatto sulle comunità sociali (online). Una DBI ha un impatto sulla percezione di quel brand, che può far sorridere in un primo momento ma poi fa riflettere (un po’ detta alla Pirandello, “l’avvertimento del contrario”).
Perché si creano le DBI? Le motivazioni nascono dalla percezione che quel brand diffonda un messaggio non autentico o che nasconda la natura negativa di un processo produttivo, di un claim o di una campagna pubblicitaria, che sono in contrasto con quella che è la vera natura. L’obiettivo degli attivisti anti-brand, quindi, è proprio quello di convincere i consumatori che il brand non sia simbolo di autenticità; l’effetto è che i consumatori percepiscono i valori aziendali come incongruenti rispetto ai propri valori, nonostante i notevoli sforzi aziendali affinché ciò non si verifichi.
È evidente che tutti quei brand ritenuti “bad” siano maggiormente esposti a questo rischio, ma ultimamente anche le piccole aziende tendono ad esser coinvolte in questo fenomeno.
In uno scenario in cui le informazioni si spostano da un capo all’altro del mondo in pochi istanti, le aziende devono necessariamente fare attenzione alle presunte incongruenze nascoste dietro un messaggio e che portano ad una trasformazione da anti-corporate activism ad anti-brand activism.
Tra gli esempi di doppelgänger brand image c’è quello di Joe Chemo, la raffigurazione della mascotte Joe Camel, che rappresenta gli effetti dannosi del fumo sulla salute umana.
Un altro esempio è il caso Pepsi in cui gli attivisti hanno trasformato il logo ufficiale del brand sottolineando, anche in questo caso, gli effetti negativi che la bevanda ha sulla salute dell’uomo.
È fondamentale per un’impresa proporre un messaggio che sia coerente con i propri valori aziendali e non solo. È importante che il team di communication (ed eventualmente il reputation manager) sia allineato rispetto a ciò che fa l’azienda anche nel ciclo produttivo.
Spesso è utopia, poiché se l’azienda delocalizza e perde il controllo, anche per il top management sarà difficile vigilare le attività o comunque è difficile sapere cosa accade realmente. È ovviamente necessario essere lungimiranti con il proprio posizionamento e con i messaggi pubblicitari trasmessi che, come nei casi mostrati, possono trasformarsi in veri e propri boomerang ai danni dell’azienda.
Tutto ciò non è sufficiente. Come abbiamo visto, è necessario metter su un monitoring sul web affinché si possa agire tempestivamente, ad esempio nel caso in cui vi sia una violazione della legge da parte degli attivisti oppure per rispondere ad una crisi aziendale sviluppatasi sul web. Più saremo veloci e più la risposta sarà credibile. La velocità della risposta è cruciale tanto quanto la strategia di contenimento e di convincimento della comunità. Chiaramente, esistono alcune tipologie di crisi in cui la velocità può esser controproducente: è credibile dare una risposta ad una crisi sanitaria in poco tempo? Poco credibile. Il contesto in cui si opera è cruciale per prendere le giuste decisioni.